30 dicembre 2011

E quindi...(mancano 35 ore, dovremmo farcela...)




Buon Anno!
...di storie da scrivere, di strade da scegliere, di mari in tempesta, di prati verdi su cui riposarsi, di persone da incontrare, di lavoro duro, di nuovi amici, di vecchi amici, di carezze, di crocevia di strade, di occasioni e coincidenze, di errori, di canzoni e musica, di grandi momenti d'amore, di colori forti, di idee che fanno battere il cuore, di "stanno tutti bene", di momenti di confusione, di sorrisi, di vie da correre e da percorrere, di sfide da cogliere, di coraggio da leoni, di sogni, di mari davanti a cui pensare in grande o sentirsi piccoli, di parole sottovoce, di ricordi della strada fatta, di "mai dire mai", di giorni affamati, di "sbagliando si impara", di pretesti per voltarsi indietro ma solo un po', di "non dimenticare", di speranze, di scuse per ritornare, di obiettivi da raggiungere, di posti nuovi da vedere, di agende da riempire, di risate, di voci, di baci, di parole dense e vere.
È il mio augurio. E la mia speranza.
Auguri a tutti!

29 dicembre 2011

Non starai facendo bilanci!? (cit.)

Mi è finito l'ottimismo.
E non ho abbastanza puntifragola per riprendermelo nuovo.
Facciamocene una ragione.
Ma soprattutto facciamoci una birra.

28 dicembre 2011

"Scegli me, prendi me, ama me"

Esterno giorno, il parco della città, quello dove batte il sole perché non ci sono alberi, inaffrontabile in estate, perfetto per allenarsi con 4 gradi. Riprendo a correre dopo un mese, il fiato tiene molto più dei legamenti, l'epistassi che mi fa compagnia ogni due ore si presenta in forma lieve come a dire "ricordati che ci sono". Affronto il primo giro a testa bassa, concentrata a sentire ogni forma di cedimento fisico, forse alla ricerca di un pretesto per smettere e dire "almeno ci ho provato".
La scusa mi arriverà due giri più tardi sottoforma di crociato che mi saluta e comincia a pulsare, ma nel frattempo corro. Corro le calorie delle feste, corro i pensieri sul futuro, corro i bilanci su quest'anno passato, e sul tutto fatto e su quello ancora da fare. Metto in ordine i pensieri al ritmo dei passi sul sentiero, c'è un ordine preciso che si impone mentre corri, niente di volatile, i pensieri vanno a posto, si depositano dopo tanto turbinare dentro quella snowball-versione-metroesettantaquattro che sono io.
Giro, prendo una curva, entro nell'unico tratto di ombra del parco, e dopo un'altra piccola svolta eccola la frase ad aspettarmi, spray nero su muro di cemento. E io non sono più lì.

"Prendi me, scegli me, ama me".
Ho 23 anni e sto dicendo qualcosa di simile al destinatario del mio amore impossibile e non corrisposto. La risposta fu no, metabolizzai con sigarette-digiuni-distanza, tanto di tutte e tre le cose, fino a venirne fuori. Danneggiata, annientata. Ma viva.

"Prendi me, scegli me, ama me".
Ho qualche anno di più e non posso, di nuovo, restare nella vita di un uomo. Uno con cui avevo sognato una casa in via Borsieri, fatta di muri colorati, e pavimenti in legno chiaro, e mensole da mettere su, e finestre sui tetti della città, e un poster comprato a Verona.

"Prendi me, scegli me, ama me".
Non so quanti anni avessi, forse era ieri, forse una vita fa, ma quella frase l'avrei gridata mille e più volte se gridare in qualche modo fosse servito a renderla possibile e vera ma non.

Chissà se chi l'ha scritta su quel muro è stato poi scelto.
Chissà se poi lei lo ha amato, se lo ama ancora.
Chissà dov'è ora, a chi starà raccontando che l'inizio della sua storia con quel grande amore comincia con una bomboletta di spray nero e il muro di un parco perfetto per correre in inverno.

Ci fantastico su e poi ricomincio a correre bene, riportando i battiti in alto, lasciando che il fiato si spezzi e che i miei ricordi di amori-che-non spariscano nelle nuvolette di fumo prodotte dal mio respiro.
Sorrido, abbasso gli occhi, saluto i miei ricordi e vado avanti.

27 dicembre 2011

"To do list 2012" facile facile da spuntare


- scrivere meno, molto meno
- parlare di più con le persone faccia a faccia magari davanti a un caffè
- bere meno caffè
- imparare a contare fino a dieci
- ricontare fino a dieci
- imparare a chiedere scusa quando non conti fino a dieci
- crederci
- osare
- dosare

E poi ci sarebbe quella cosa del migliorare...


[aggiungerei: 
- buttare lo smartphone che mi sta limando il cervello a poco a poco
- comprare l'aifon e buttare il cervello definitivamente]

24 dicembre 2011

Zenzero e stelline

...a tutti voi!

21 dicembre 2011

Più o meno come "ho camminato quelle vie che curvano seguendo il vento" e anche tutto il resto

Ho lavorato molto quest'anno. Non sto parlando, non solo almeno, di quell'isola felice che è il mio lavoro "ufficiale", sto parlando di me stessa, della mia famiglia, di casa.
Ho aiutato Lui a prendere treni che non sarebbero passati più, accollandomi anche la Sua parte in casa perchè potesse inseguire un sogno che è il Suo-sogno-di-bambino; beato lui che ne ha uno solo, di sogno, e quest'anno si è avverato diventando il punto di partenza per nuovi sogni in grande, su cui io non ho alcun potere se non quello di fare la mia parte mentre Lui li insegue.
L'avrebbe fatto anche lui per me, avessi la sua stessa chiarezza d'intenti-determinazione-talento.
Lo fa comunque tutti i giorni, mi incoraggia a puntare più in alto di dove io non riesca a vedere e a inseguire una cosa in cui io non sono capace di credere fino in fondo, insicura, tentennante, inquieta, approssimativa.

Ho fatto da pilastro portante della mia famiglia, da collante, da paciere, da generatore automatico di senso per le situazioni di assenza e di sospensione. Ho lavorato come si lavora in una squadra, che non si distingue più chi sta facendo cosa, perchè la fatica è tanta ovunque, e bisogna arrivare fino in fondo prima di guardarsi di nuovo in faccia e vedere ognuno il suo e quello fatto tutti insieme. Che è sempre un po' di più della somma delle parti, è anche il senso del lavoro comune, della crescita, dell'allargamento dei propri confini e del proprio potenziale.

Ho corso su strade gialle di foglie e di sole, ho fatto chilometri di strada e di inchiostro, ho riso con gli occhi, ho ballato da sola, ho pianto senza lacrime, ho lottato con rabbia, ho cambiato taglio e taglia, ho mangiato pensieri - pelle - parole, ho litigato con me, mi sono schiantata e rialzata tante di quelle volte che ho perso il conto, ho mollato l'ancora, ho gridato senza voce, ho odiato senza cuore, ho scritto mail - storie - cazzate, ho pianto con le lacrime, ho sbagliato tanto, ho chiuso cerchi, sono cresciuta, ho vinto forte, ho perso forte, mi sono persa, ho cercato tesori, ho trovato amici, ho sperato nell'impossibile, ho immaginato vite che non, ho rilanciato, ho ceduto il passo, ho pensato addosso, ho amato tanto, ho capito poco, mi sono trovata, sono cambiata, ho invidiato tempo - persone - parole, ho voluto bene, ho lasciato andare, ho parlato da sola, ho morsicato mele e vita, ho ascoltato pochi, ho scritto, scritto scritto...

Che anno il 2011. E il prossimo come sarà?

15 dicembre 2011

Quelli che ben festeggiano

E c'erano le lucine, il divano all'ingresso e l'alcaselzer in regalo. E lo studio in ordine, e le luci soffuse, il set fotografico e le caramelle. C'erano sorrisi, risate piene, discorsi di ricordi e di un passato che non, e nuove persone da presentare, e complicità e parole e sempre troppe macchine fotografiche. C'era il panettone ma anche il pandoro, le torte salate, e fiumi di prosecco di quello buono, una playlist con dentro la voglia di un lento o anche due.
E c'era quella mia amica che se ne va in giro con un carico di entusiasmo-un affetto-braccia piene di gesti (e un figlio meraviglioso) che quando la vedo mi ricordo meglio di quanto mi manca.
E c'era una pancia piena di bimba in arrivo, e risate e pettegolezzi e frutta secca. E le clementine, e le prese in giro, e una bassotta minuscola. E la confidenza immediata per interposta persona, e la timidezza tra una bollicina e l'altra, e una vicinanza vera a base di verdure.
E poi c'erano brindisi, tasso alcolico che si alza, il doppiosensismo elementare e ridanciano.
E sguardi e denti bianchi, e la voglia di starsi vicini e abbracciarsi un po'.

Io lavoro in un posto bello.

11 dicembre 2011

Velvet morning

Le domeniche mattina una volta erano un tempo di velluto. Ci svegliavamo tardi e stavamo lì, pigri, sul letto, guardando fuori da quelle enormi finestre che non davano mai abbastanza luce. Ognuno immerso nei suoi pensieri. Poi d'improvviso "ciao", come a rendersi conto che non eravamo soli, come a chiedersi reciprocamente "da quanto tempo sei qui?".
Uscivamo dal letto caldo su quel soppalco triangolare, io correvo verso il frigo - carenza di zuccheri mattutina,  mentre Lui preparava il caffè.
Tutto aveva il ritmo lento di un minuetto, le nostre facce coi segni del cuscino stampati sulle guance avevano il colore sano di chi dorme sonni rotondi e bellissimi. I capelli, all'epoca molto lunghi, erano una festa del ricciolo, li legavo con la prima cosa che mi capitava a tiro - una matita, un elastico, una molletta - mentre le mie mani non riuscivano ancora a chiudersi in un pugno, piene di sonno come erano. Ci stavamo vicini, sfiorandoci appena, in quei gesti assodati del quotidiano rilassato che prevedevano un contatto superficiale, di braccia vicine, di mani delicate e abbracci annusati.
Tutto in quelle domeniche era meravigliosamente stiracchiato, come gatti che si allungano e si tirano per riprendere un po' alla volta un ritmo davvero amico e il senso del muoversi.
Uscivamo per due passi nella nostra zona che ci piaceva tanto, andavamo a comprare i giornali e qualche botta calorica da pasticceria che ci sarebbe servita nel pomeriggio. Ogni tanto incontravamo qualche amico, ma era una rarità, la domenica mattina, allora, era uno spazio di tempo limitato a poche ore che vivevamo in esclusiva per guardarci in faccia dopo tutta la settimana di corsa.
Poi di nuovo a casa, cucinava Lui, mentre io parlavo e raccontavo con il mio bicchiere di vino in mano, e il tempo si distendeva piano verso un pomeriggio di pigrizia e divano e lenzuola in attesa di incontrare qualcuno all'ora dell'aperitivo. E c'erano film, c'era musica da ballare, c'erano disegni da fare (non miei, no), c'era sempre una scusa da inventare per litigare e fare pace. C'erano torte di mele e cannella e un frigorifero pieno più che altro di fantasia.


Ora: sarà che sono sveglia dalle sei, che Mimì e Cocò sono in fase Sympathy for the Devil, che le otto di mattina mi sembrano un orario tutto sommato ragionevole per andare a trovare qualche amico a casa, però ecco, io ne rivorrei indietro una di quelle domeniche. Una sola. Me la farei bastare.

6 dicembre 2011

And I'm trying to grow so before I'm old I'll confess

C'è chi pensa che la forza, quella vera, stia nell'essere così "duri" da riuscire a fare in modo che niente possa mai schiacciarti a terra.
E poi c'è chi pensa che invece la forza stia nell'affrontare qualunque cosa, consapevole sì del probabile schianto, ma anche del fatto che a prescindere dall'entità del danno, ci si rialzerà in piedi, danneggiati ma vivi, pronti per nuove strade e nuovi schianti.

Io sto valutando.

"Le persone danneggiate sono pericolose: sanno di poter sopravvivere". (J. Hart - Il danno)

5 dicembre 2011

Natale a casa Zeta

Ecco io vorrei scrivere un post sul senso dei regali di Natale.
Dei regali di Natale per i bambini.
Dei regali di Natale per i miei bambini.
I miei bambini hanno tutto. Ovvio, se lo chiedi a Lee ti direbbe che la manca la cucina di sei metri lineari delle Winx con minielettrodomestici Smeg inclusi e a Roo il miniSUV con lettore mp3 e superliquidator lato-guidatore con cui investire i bimbi al parchetto. Ma sono pieni di giocattoli, al punto che non solo possono concedersi il lusso di scegliere tra mille cose, ma addirittura quello di potersi stancare di quelle mille cose perchè tanto ce ne sono altre mille che li aspettano, nascoste in qualche cassapanca, armadio, cantina, box, "per il razionamento del giocattolo nuovo lungo tutto l'arco dell'anno".

Non è tanto quello che compriamo noi, ma i nonni, gli zii, gli amici, il parentame vario. Oltre a quello che ereditano dalle cugine più grandi.
E non vorrei sembrare ingrata perchè non lo sono, anzi.
Davvero.
Però vorrei che ritrovassimo un po' il senso delle cose. Cioè del fatto che i nostri bambini sono molto fortunati e non hanno bisogno di niente. Partendo da questa premessa quando mi viene chiesto "cosa regalo a Lee e Roo per Natale" a me sale l'ansia.
Perchè quello che non riesco mai a far capire è che io, superando a fatica la risposta "niente, non ce n'è bisogno", approdo alla risposta che per me ha più senso: una cosa piccola ed economica - una macchinina per lui, pennarelli per lei.
Cose così.
Risposta che non viene mai presa seriamente. E invece è proprio quello che vorrei.
Innanzitutto perchè i bambini non hanno il senso economico del regalo, quindi un quad da quattro euro che riesce a maneggiare con le sue manine taglia-tre-anni vale anche di più del camper megagigante che non riesce ad usare perchè è fuori scala rispetto a tutto il resto (e che implica che io presto cambi casa perchè non ci stiamo più). E per lei, il giusto cavallino in plastica  - che per essere giusto ha una serie di criteri che pare l'omologazione dello shuttle, vale tanto quanto il conigliazzo peloso da cento euro che sbatte gli occhioni e viene abbandonato alla terza volta che dice "fammi una coccola" (ma fammela tu! con quello che costi devo pure lavorare?).
In secondo luogo perchè -  sediovuole -  i bambini sono dotati di fantasia, per cui spesso trovano più cose da fare con il girainsalata che con il computer che li riempie di complimenti perchè hanno trovato il tasto con la A.
Spesso constato che hanno centinaia di euro in giocattoli e poi li trovo che si divertono come matti a lavare la verdura, per dire.
Sono dell'idea che quello che conti di più per i bambini non sia tanto il gioco in sè quanto che qualcuno giochi con loro. E in quel caso un giornale da ritagliare per poi incollare le lettere su un foglio, un disegno da inventare, la macchinina più scassata che c'è nella scatola vanno benissimo se c'è qualcuno che li aiuta a trovarne il senso.
Quindi.
Ho messo un tetto massimo di spesa per i regali ai miei figli - dieci euro e te passa la paura - che so per certo verrà rispettato, a malincuore eh, da nonni e zii (che riverseranno le loro frustrazioni da mancato regalo fantasmagorico sul libretto di risparmio dei bimbi, il che ha comunque più senso).
Dagli amici non so, perchè poi si rischia di passare per quella che non ha voglia di spendere per i figli altrui, ma in realtà è solo che vorrei che si ritornasse al concetto del "pensierino", un regalo piccolo solo per dire che ti ho pensato e che ti voglio bene, senza che ci sia dietro la necessità di dimostrarsi quanto ti voglia bene attraverso una spesa eccessiva. E il più delle volte superflua.
Io non so se passerà mai questo mio approccio al Natale.
Che non toglie nulla alla festa in sè, che io a-do-ro, ma che piuttosto dà il senso alle piccole cose, allo stare insieme, al ritrovarsi a giocare con un quad da quattro euro e un cavallino, anzichè con l'enterpriseluciesuoni versione cameretta.

Piuttosto, se proprio volete fare un regalo come si deve, andate tranquilli da Damiani, per me, ecco, una cosa piccola e brillante, 'na cosuccia che è per sempre, grazie.

1 dicembre 2011

And so this is Christmas... maddai?

Allora da quello che ho capito funziona più o meno così.
Lee balla il can-can.
La sua amica G. fa il cowboy.
N. - l'altra amica - balla AEIOUY.
Roo fa la tigre.
Il suo amico Edo fa il gusto puffo nel cono gelato.
La cuginetta fa l'ananas.
...
Sono cambiati i tempi.
È evidente che anche il Natale non è più quello di una volta.